Davide Lhamid si candida con la lista Progetto in Comune, quarta gamba della coalizione di centrosinistra a sostegno di Maurizio Maggioni. Classe 1997, è un fotografo che si divide tra Busto e Londra.
Nato a Gallarate ma cresciuto nell’ex-Manchester d’Italia, ha frequentato le scuole bustocche fino al liceo Crespi, per poi laurearsi in Sociologia in Bicocca. Attualmente sta scrivendo la tesi a conclusione del master Photojournalism and Documentary Photography al London College of Communication.
Chi sei?
«Sono figlio di genitori migranti, mia madre calabrese e mio padre marocchino. Ho scelto la fotografia perché ceravo un linguaggio che mi permettesse di comunicare l’interesse che sento per le questioni sociali, sviluppato durante i miei studi sociologici. L’ambiente culturale di Vienna prima, dove ho fatto l’Erasmus, e di Londra adesso mi hanno poi fatto aprire gli orizzonti, messo a confronto diretto con la diversità sterminata che offre la metropoli. Anche il viaggiare tra la realtà provinciale e quella londinese, di dimensione praticamente globale, mi fa riflettere spesso sulle differenze e similitudini tra i due modelli».
Come ti sei avvicinato alla politica?
«Sono cresciuto in un ambiente politicizzato, soprattuto da parte di mia madre, che ha vissuto le difficoltà di essere migrante a Busto e quindi è sempre stata molto attiva. Ho fatto la prima esperienza politica cinque anni fa, candidandomi con il PD su spinta di mio zio, Salvatore Vita. Con il PD ho fatto anche un percorso a livello universitario che poi ho concluso alla fine degli studi in Bicocca. A livello di volontariato ho dato una mano per un paio d’anni all’associazione Arte Migrante di Como. A Londra ho sempre modo di confrontarmi con molte anime dell’attivismo attive in città; ultimamente il clima è particolarmente complesso tra conseguenze post Brexit e Covid, c’è tanto movimento».
Perché hai deciso di candidarti? Cosa ne pensi di Busto?
«Dopo una fase di sfiducia e disaffezione verso la politica, l’esperienza che sto maturando Oltremanica mi ha paradossalmente convinto della necessità di impegnarmi anche a livello locale. Avendo avuto modo di conoscere la realtà giovanile bustocca, mi sono reso conto della ricchezza culturale e della volontà di migliorare e cambiare le cose, che spesso non emerge ma in realtà anima la mia generazione. In generale, ogni volta che torno noto gli effetti di una mentalità un po’ provinciale, che non sa uscire dal seminato, ma allo stesso tempo non è appassionata al territorio e non ha la volontà di trovare soluzioni per migliorare. È una sorta di stagnazione culturale che, ad eccezione di rare esperienze e realtà giovanili, credo si ripercuota su come si percepisce la propria città e il suo futuro».