I problemi delle carceri italiane, si sa, sono molti. Iniziando dalla mancanza di personale di polizia penitenziaria e di figure professionali che favoriscano il reinserimento sociale dei detenuti fino al cronico sovraffollamento delle strutture.
Il carcere di Busto Arsizio è primo testimone di quest’ultimo tema, tanto da essere stato al centro della sentenza con la quale la Corte europea dei diritti umani aveva condannato l’Italia per trattamento inumano e degradante. Il carcere è rimasto quello, staccato dalla città, a pochi passi più in là dell’ingresso autostradale di Sant’Anna. Pochi passi, probabilmente molto pericolosi, vista la mancanza di strisce o marciapiedi.
Per questo, il garante dei detenuti Matteo Tosi e il cappellano della Casa Circondariale Don David Riboldi, accompagnati da quattro associazioni e cooperative (Coop Intrecci, Associazione volontari assistenti ai carcerati e loro famiglie Busto Arsizio, Olbò e Valle di Ezechiele) con una lettera, indirizzata al sindaco uscente di Busto Arsizio e presidente della Provincia Emanuele Antonelli, chiedono che sia istituita una fermata di trasporto pubblico al servizio della struttura.
Hanno quindi convocato una conferenza stampa davanti alla stazione, meta lontanissima per tanti scarcerati che non hanno un modo di raggiungerla in sicurezza: «La nostra è una richiesta – dichiara Tosi- che avevamo già fatto tempo addietro, ma non ci aveva mai risposto nessuno. Ora, con il sistema di trasporto pubblico che è cambiato, diventando sovra-comunale, ci è sembrato giusto riprovarci. Ci siamo messi insieme come realtà che lavorano e frequentano il carcere, una struttura che ospita oltre 400 detenuti (e quindi altrettante famiglie) e 300 dipendenti. Tutti noi meritiamo risposte. Così come sarebbe tempo di dare un segnale per la struttura, che ora è un non-luogo, scollegata dalla città».
Il testo, scaturito da un lavoro corale dei soggetti intervenuti, sarà adesso protocollato per divenire raccolta firme. «Vediamo questa richiesta – dice invece Don David – come il punto di partenza di una collaborazione tra persone che hanno a cuore i carcerati. L’altro giorno il ministro della Giustizia Marta Cartabia ha detto che non sappiamo descrivere cosa sia un carcere umano, e invece di esempi di carceri inumani ne abbiamo pieni gli occhi. L’altro giorno ho dovuto accompagnare personalmente in stazione un detenuto con difficoltà a camminare, solo perché da via per Cassano l’autobus non si ferma. Questo secondo me è qualcosa di inumano. I problemi delle carceri sono immensi, speriamo solo che ci si dia ascolto per risolvere almeno quelli apparentemente banali come questo».
Di seguito la lettera
Gentile Presidente,
Ricorriamo ai Suoi Uffici per sollecitare una fermata del trasporto pubblico nei pressi della Casa Circondariale di Busto Arsizio. Ogni tentativo bonario non ha sortito alcun effetto, nel senso che nessun ascolto è pervenuto dai soggetti interpellati. Eppure l’argomento è rilevante, considerando che
L’area in questione non costituita solo dalla Casa Circondariale (con dipendenti pubblici e lavoratori volontari di cooperative, visitatori, insegnanti, familiari di detenuti e detenuti in uscita), ma anche da strutture sportive che rendono il bacino d’utenza cospicuo in linea di principio ed incalcolabile in concreto
Le persone che attualmente utilizzano i mezzi pubblici, per raggiungere carcere e strutture sportive limitrofe, utilizzano linee dell’attuale trasporto pubblico (1-5-11-55) che portano alla fermata del quartiere di Sant’Anna. Il restante tratto viene colmando a piedi, compiendo un percorso a dir poco pericoloso ed ostile ai pedoni
Il numero dei mezzi parcheggiati in zona è assai elevato. Il che rende pure conto di quanto si debba ricorre al trasporto privato in assenza di quello pubblico. Notevoli sono i disagi arrecati anche a persone scarcerate che non possono permettersi di ricorre ai servizi di taxi.
Per quanto precede la necessità di trovare una soluzione viene formalmente segnalata dai sottoscrittori della presente, con ferma volontà di non lasciare nell’indifferenza questo diritto che sottoponiamo all’attenzione della Provincia. Le si chiede di coinvolgere nella fattiva risposta chi riterrà doveroso ed utile, perché si dia prova di capacità e responsabilità.