Dopo molte false partenze, culminate con la decisione sofferta di Roberto Maroni di rinunciare alla propria candidatura, il centrodestra varesino ha trovato la sua quadra attorno al nome del parlamentare leghista Matteo Bianchi, ex sindaco di Morazzone e a lungo segretario provinciale del suo partito. Lo abbiamo incontrato, a pochi giorni da una conferenza stampa nella quale ufficializzerà i contorni del suo impegno elettorale e della coalizione che lo sostiene.

Perché ha scelto di candidarsi alle elezioni comunali di Varese? 

«Il sindaco della città capoluogo è un leader territoriale mentre un Parlamentare al primo mandato è uno dei tanti. La mia esperienza consolidata sul territorio all’interno di un partito che ha come vocazione principale l’attenzione al locale mi dice che questa candidatura rappresenta uno degli elementi più gratificanti che ci possano essere dal punto di vista politico».

Il centrodestra di Varese ha dovuto cercare fuori dal proprio comune un candidato. Non crede sia un limite?

«Io sono orgogliosamente di Morazzone, come lo sono i miei genitori, nonni e anche oltre, ma a Varese ho studiato, ho fatto politica, ho lavorato, fatto sport. In città ho costruito le mie amicizie: venite a fare una passeggiata in centro con me e vedrete che mi conoscono tutti».

Il centrodestra è tornato sul suo nome dopo un lungo giro di candidature ufficializzate o anche solo annunciate…

«Per la nostra coalizione non è stato semplice uscire dal trauma di un disimpegno arrivato per causa di forza maggiore da parte di Roberto Maroni. Sostituire un candidato della levatura di Bobo non è semplice. Il mio nome è tornato in auge dopo che la Lega a Varese scelse di sottolineare l’importanza di avere un candidato politico. Il commissario provinciale Gualandris e il segretario nazionale Cecchetti hanno valutato che il mio nome fosse quello giusto, oltre che garanzia per tutti gli alleati».

Come sarà composta la sua coalizione?

«Venerdì in una conferenza stampa ufficializzeremo anche questo aspetto. Sarà una conferenza stampa all’aperto in piazza perché è così che vogliamo condurre la nostra campagna elettorale “Per la gente e fra la gente”. A sostenermi avremo cinque liste: Lega, Forza Italia allargata ad altre forze politiche, Fratelli d’Italia. Poi due civiche: Varese Ideale per Bianchi Sindaco che si rifà alla formazione del consigliere regionale Giacomo Cosentino e Varese città giardino per Matteo Bianchi sindaco coordinata da Giacomo Tamborini e che aggregherà più anime tra cui esponenti in città che provengono da precedenti esperienze politiche nell’Udc, in Forza Italia e nelle lista Orrigoni (tra questi Campiotti, Imperatore, Puricelli, Boldetti, ndr)».

Come sarà composta la lista della Lega?

«Deciderà il segretario cittadino Cristiano Angioy. Aspettiamo di sapere cosa intenda fare Maroni perché se lui se la sentirà, sarà il capolista. Io mi aspetto un coinvolgimento sia delle anime storiche della Lega varesina che di quelle nuove, volti che vogliono portare una ventata di rinnovamento importante e tentare di dare un segnale di freschezza.  Mi aspetto poi l’impegno dei consiglieri comunali uscenti visto il loro bagaglio di conoscenze».

Quali sono i punti fondamentali del suo impegno e della visione che intende dare a Varese?

«Ci sono diversi temi, ma per ora preferisco concentrarmi su sei punti. Varese deve tornare ad avere piena consapevolezza del suo ruolo di comune capoluogo, senza ragionare solo su dinamiche prettamente varesine. La città ha una macchina amministrativa che conta su 800 dipendenti: io mi aspetto che ci si possa sedere ad un tavolo allargato a tutta la cintura dei comuni vicini per trovare sinergie e collaborazioni, ridurre costi e recuperare dinamicità.

C’è poi l’aspetto legato alla pianificazione urbanistica e territoriale che non può prescindere dal porsi l’obiettivo di cambiare il Piano di Governo del Territorio. Il sindaco Galimberti in questi anni ha fatto tante varianti puntuali togliendo una visione progettuale complessiva che invece ci deve essere e deve dare risposte precise, come ad esempio al problema del decremento della popolazione. Varese deve essere una città in grado di rispondere alla domanda “Perché dovrei venire a vivere in città?”. Uno degli elementi che può dare una risposta è che Varese diventi una città servita e collegata, oggi tutto ruota intorno alla mobilità e alle infrastrutture che sono anche e soprattutto infrastrutture sportive e culturali.

Il tema della cultura è importante. Credo che prima di pensionare il Teatro Apollonio bisognerà fare ragionamenti più approfonditi. Tante persone del settore con le quali parlo in questi giorni mi fanno presente che il Politeama ristrutturato dovrebbe disporre di circa mille posti, un target che non è remunerativo. Poi c’è lo sport su cui la città aveva una forte vocazione. Per tornare ad averla serve avere la disponibilità di impianti sportivi adeguati. Pensiamo al palazzo del ghiaccio dove è stato fatto un intervento meritevole grazie al Comune e al Coni con l’interessamento di Giorgetti, il problema ora è che si rischia di arrivare alla fine dei lavori senza più un’associazione sportiva che lo possa riempire. C’è il rischio che i giovani atleti che lo frequentavano cambino disciplina sportiva, su queste cose serve molta più attenzione.

Molto c’è da fare anche sul tema della sicurezza. Un esempio arriva dallo spostamento del mercato. Io stesso pensavo che fosse una cosa adeguata ma è stata fatta senza badare a diverse problematiche come lo spaccio di sostanze stupefacenti. Infine il turismo e il marketing territoriale a partire dall’attrattività e accessibilità di alcuni beni inestimabili come il Sacro Monte e il Lago di Varese».

La città adesso è piena di progetti e cantieri che porteranno cambiamenti profondi. Come vede questo aspetto, ci sono opere che intende rivedere?

«Io credo che i cantieri iniziati, che poi tanti erano già stati abbozzati nell’ultima parte dell’amministrazione Fontana, siano da far proseguire e concludere, seppur rivedendone alcuni dettagli. Personalmente sono convinto che questi grossi interventi debbano essere visti dagli amministratori che si susseguono alla guida della città un po’ come uno Stato guarda alla politica estera: non si butta via tutto ogni volta che cambia il colore di un’amministrazione».

Varese ha un patrimonio importante costituito dalla presenza dell’Università dell’Insubria, pensa che sia sufficientemente valorizzato?

«L’università dell’insubria a Varese è un elemento fondamentale di attrattività per studenti fuori sede. La mia domanda è: perché oggi quando pensiamo a Varese non la pensiamo come una città universitaria come avviene per altre realtà? Oggi quel patrimonio di studenti che arrivano da altre parti d’Italia sembra che resti avulso dal contesto cittadino. Manca quella rete che va costruita per integrare gli studenti nel proprio mondo. Varese è una città universitaria nei fatti, deve prenderne coscienza e lavorare per sviluppare quel potenziale dovuto alla presenza dell’università che oggi non è espresso al suo massimo in una sinergia tra offerta culturale, sportiva e anche imprenditoriale».

Quando parla di Varese come di una città che deve riappropriarsi del proprio ruolo di capoluogo provinciale a cosa pensa in particolare?

«È una tematica molto articolata, ma ci sono tre punti che mi stanno particolarmente a cuore. Il primo, come ho già detto, è il potenziale della sua grossa macchina amministrativa che può essere più dinamica e preziosa per tutti se in grado di sviluppare sinergia e servizi insieme ad altri comuni. Il secondo elemento invece è quello infrastrutturale: quello che viene realizzato a Varese, penso ad esempio dal punto vista sportivo o culturale, non deve essere pensato solo per l’utenza cittadina ma come poli di attrazione per tutta la provincia. Il terzo aspetto, tra quelli che considero più importanti, è quello della vocazione economico-produttiva che ci ha caratterizzato e che ha bisogno di rinnovamento anche con idee di grande respiro. Oggi con la Provincia diventata un ente di secondo livello il capoluogo deve farsi portatore di idee coraggiose. È solo una suggestione ma pensiamo a quello che rappresenta in Val Camonica la riqualificazione che ha portato alla valle dell’idrogeno e pensiamo ad esempio alla Valle Olona, questo grande corridoio che parte dai nostri territori e arriva al sud della provincia. Una città capoluogo deve essere di stimolo anche al pensiero di riqualificazione di questi territori strategici».