Alla fine della sua relazione all’assemblea generale degli industriali della provincia di Varese, che si è tenuta all’Hangar Sea Prime di Malpensa, il presidente Roberto Grassi incassa i complimenti di Carlo Bonomi presidente di Confindustria nazionale: «Bravo Roberto, hai avuto il coraggio di dire le cose che non funzionano».

In effetti la relazione di Grassi non mostra i muscoli e usa la metafora di Malpensa – che poi tanto metafora non è vista la sua importanza in termini di ripresa post pandemica per tutto il nord Italia – per guardare al futuro. Certo l’industria varesina si difende bene, ma proprio questo è il punto: fino a quando potrà reggere in un contesto globale in pieno cambiamento?

I fondamentali ci sono tutti:  si va dalla densità imprenditoriale ben al di sopra di quella nazionale e regionale (6,8 imprese manifatturiere per chilometro quadrato contro le 3,8 della media lombarda e l’1,6 di quella italiana a una percentuale di valore aggiunto manifatturiero sul totale delle attività economiche locali pari al 27,5%, anch’essa superiore e sia alla media lombarda del 20,5% che a quella italiana del 16,7%, dalla  grande propensione all’export, per un valore pari al 40,8% del valore aggiunto prodotto, contro una media lombarda del 36,1% e quella nazionale del 30%, a una multi-distrettualità che pone il Varesotto ai primi posti  a livello nazionale in termini di forza lavoro impiegata in 30 nicchie produttive di eccellenza, otto delle quali da podio. A cui si aggiunge una forte infrastrutturazione garantita dalla presenza sul territorio dell’aeroporto di Malpensa e dei terminal intermodali.

Ci sono però alcuni punti di debolezza che sono però altrettanto significativi, è il rovescio della medaglia determinato solo in parte dalla crisi pandemica che invece è stato sicuramente un acceleratore. Grassi li elenca uno per uno: la bassa percentuale di imprese che investono in tecnologie digitali (34esimo posto nella classifica delle province in Italia); la perdita di velocità dell’export rispetto al trend nazionale; il ridimensionamento della pur alta incidenza della manifattura sull’economia in termini di valore aggiunto e, su questo fronte, la conseguente perdita per Varese di 4 posizioni nella classifica nazionale negli ultimi 10 anni (dall’ottavo posto del 2007 all’attuale 11esimo); la smagliatura di alcune filiere produttive come quella del tessile e abbigliamento che tra il 2001 e il 2018 ha perso il 57% degli addetti; la discesa di 14 posizioni nella classifica provinciale del valore aggiunto pro-capite; una dotazione infrastrutturale densa ma con le criticità rappresentate dal futuro di Malpensa e dalla congestione della rete autostradale. E poi c’è il tema fortemente prospettico della bassa natalità con un calo delle nascite pari al -26% rispetto a quelle del 2009 e il conseguente invecchiamento della popolazione e il trend demografico

Guai «a stare fermi e a rimanere chiusi nei nostri confini, bearci del benessere dell’oggi rischia di renderci ciechi verso il futuro – ammonisce Grassi . mom c’è nulla di  più pericoloso. È questo realismo che ci suggerisce di non nascondere debolezze e difficoltà, ma nello stesso tempo di affrontare la complessità e valorizzare concretamente i punti di forza. La realtà è sempre una medaglia a due facce».

Per ripartire occorre fare un’analisi schietta , tenendo duqnue conto delle due facce della medaglia, il passato brillante dell’industria varesina deve essere uno sprone a fare ancora meglio, sapendo che nel frattempo il mondo è cambiato e sono cambiati gli stesi euqilibri che fino a ieri ne determinavano le traiettorie di sviluppo. «L’obiettivo di Varese deve essere quello di confermarsi tra i motori industriali d’Europa e di correre al pari o di più degli altri – ha ribadito Grassi -. Per far questo abbiamo bisogno di condividere un’identità di territorio, basata sui nostri punti di forza. Un’identità che deve essere inclusiva di tutti i settori che, però, non può prescindere dalla eccezionale vocazione manifatturiera della nostra provincia. In ciò superando le narrazioni negative e i pregiudizi anti-industriali. Vogliamo consolidare le basi per un territorio che sappia cogliere il meglio della modernità».

L’APPELLO ALLA POLITICA:  

L’appello a politica e parti sociali di Grassi è che, facendo perno su asset strategici come l’aeroporto di Malpensa intorno al quale costruire una Zona Logistica Semplificata, serve costruire «un Piano di sviluppo del territorio. Unico. Che veda la collaborazione di tutti. Che sia capace di valorizzare le diverse specificità. Che vada in un’unica direzione».
Le parole chiave per ripartire secondo il presidente degli industriali sono: connessione, sostenibilità, attrattività, innovazione, dinamismo. Alla vigilia delle elezioni amministrative il Grassi lancia dunque un appello: «La dimensione municipale è sicuramente importante, ma ancora più importante sarebbe allargare l’orizzonte, ricostruire una visione unitaria della realtà della provincia. Superando divisioni e querelle interne. Superando i confini strettamente amministrativi, all’interno della provincia ed oltre. In nome di una visione che non può essere ingabbiata in frontiere troppo strette. Ciò è vero soprattutto in una dimensione policentrica come la nostra dove appare fondamentale un progetto unitario, un cammino condiviso, al di là delle bandiere partitiche, magari attraverso forme innovative di consultazione e collaborazione tra le città».  Grassi guarda anche ad esperienze maturate fuori dai confini provinciali come Arexpo a Milano, ComoNext eKilometro Rosso a Bergamo. Alle sinergie che si possono creare con le due università del territorio e con il centro di ricerche europeo Jrc di Ispra.
In fondo se c’è una verità consolidata è che la conoscenza «non ha confini e viaggia con le idee e con i giovani. Quelli dell’autoreferenzialità e del provincialismo sono lussi che non ci possiamo permettere. Oggi più che mai».

A Varese serve dunque un senso di appartenenza, immagine, visione, capacità di costruire, scelte di prospettiva, mentalità aperta e grande fiducia, senso di responsabilità: «L’ambizione di correggere la lenta deriva a cui saremmo destinati accontentandoci del qui ed ora passa da una visione alta di futuro. Nessuno può essere da solo portatore di una tale visione. Servono fedeli compagni di strada. Capaci di ragionare non su una scala di interesse di parte, ma territoriale».

Grassi, come è partito da una metafora su Malpensa, così chiude con un pensiero ispirato dall’aeroporto che ha ospitato l’assemblea degli industriali: «L’atterraggio, magari non morbido, sul futuro è alla portata di Varese. A patto di crederci e di saper mettere in discussione le nostre certezze e autoreferenzialità. Come imprenditori tendiamo la mano alle migliori forze della nostra provincia. Siamo pronti a far tornare a volare Varese. Il volo Malpensa-futuro è pronto all’imbarco. Le nostre imprese sono già a bordo. E le altre forze politiche e sociali del territorio?».